
Questa non la dimenticherò finchè campo. Anni 70. Scuola elementare. Classe 4a C. Una ventina di bambini seduti ognuno al proprio posto. Le femminucce in casacca bianca e i maschietti in casacca blu.
La maestra comincia a dettare la traccia del tema da svolgere:
"Guardate la televisione?..."
"Certo che la guardo!" penso io intanto che scrivo.
"...Quali sono i vostri programmi preferiti?..."
"Uhmm... vediamo... Naturalmente i cartoni animati e poi..."
"... e perchè vi piacciono?"
"???"
Alzo la mano sventolando la penna: "Scusi, non ho capito la domanda: perché ci piacciono i programmi??"
"Si, devi spiegare il motivo per cui ti piacciono i programmi che guardi alla televisione."
"Ah... va bene..."
Tiro giù la mano e comincio a masticare il tappo della penna Bic.
Panico totale. Penso "Cazzo!" (no, in realtà non lo pensavo. In quarta elementare "cazzo" non lo dicevo e, per quanto mi ricordi neanche lo pensavo). "Accidenti!", penso. "Che #### ne so io del perché mi piacciono?! Voglio dire: so benissimo cosa mi piace ma come diavolo faccio a sapere perché?!" La domanda non aveva alcun senso. Per me quei programmi mi piacevano perché erano belli. Punto.
Dopo i primi 10 minuti di terrore trascorsi a rimuginare sulla cosa fissando il foglio bianco, non venendo a capo della cosa decisi di girare intorno al problema. Ricordo che feci un breve elenco dei programmi che mi piacevano e scrissi qualcosa tipo :"I documentari perchè sono istruttivi, i cartoni perché sono divertenti, e i film d'avventura perché sono avventurosi."
Risultato: 5+.
Da quel giorno è passato un secolo ma ne conservo un ricordo assolutamente chiaro e lucido. Come se tutto questo fosse successo oggi. Il punto è che se questa cosa mi capitasse oggi avrei gli stessi identici problemi di allora. Ancora oggi guardo un film (o leggo un libro, o un fumetto) e, se mi piace, non riesco a capire perché. Se invece il film (o libro, o fumetto) NON mi piace ne conosco perfettamente il motivo. Intendiamoci: in tutti questi anno ho sviluppato una buona attitudine all'analisi delle cose e , se voglio, posso capire e spiegare in modo piuttosto esauriente perché una qualsiasi cosa mi piace ma mi sono accorto che dopo averla analizzata quella cosa non mi piace più. Se la analizzo mi va a puttane il "sense of wonder" che mi aveva tanto colpito. Suppongo che si tratti dello stesso processo per cui non sei più attratto dall'oggetto di cui hai capito il funzionamento dei meccanismi interni oltre la facciata. In altre parole: non puoi vivisezionare un organismo vivente e pretendere che quell'organismo continui a vivere.
Naturalmente tutto questo si riflette, in modo anche pesante, sul mio essere un lettore di fumetti. Non so perché "The high cost of living" -tanto per sparare un titolo a caso- mi sia piaciuto tantissimo e NON lo voglio sapere. Se invece leggo un albo che non mi piace non ho alcun problema, dopo, ad analizzarlo.
Quindi so perfettamente perché non mi piacciono la maggior parte delle produzioni Bonelli o, più in generale, il 90 per cento del materiale a fumetti, italiano e straniero, mainstream o no, su cui riesco a mettere le mani.
Generalizzando al massimo (si, lo so che non sarebbe corretto generalizzare, ma questo è un post in un blog, non un trattato di estetica del fumetto che, date le premesse, non sarei neanche in grado di scrivere) potremmo dire che quello che mi dà più fastidio è il tratto anonimo e l'assoluta banalità di soggetti e sceneggiature. Quasi mai un'idea che si discosti dagli stereotipi del fumetto a da quelli che del fumetto non sono ma da cui il fumetto attinge a piene mani. E praticamente mai un elemento che possa definirsi sorprendente.
Non so di chi è la colpa di tutto questo (ammesso che di colpa si tratti). Non so se è degli editori, degli autori o dei lettori.
So solo che è da molto tempo che non leggo qualcosa di pubblicato che mi sia piaciuto davvero.
Ho però letto parecchie cose NON pubblicate che mi hanno entusiasmato: ho odiato di un odio piacevole e viscerale il protagonista dell'ultimo racconto di Susanna. Lo so, detto da me non fa testo, ma sul serio la ritengo una delle più sorprendenti scrittrici (e sceneggiatrici) in circolazione. Ok, "Inside" non mi ha entusiasmato e non mi entusiasma, ma il resto, tutto il resto della sua produzione è da pelle d'oca. Lo stesso vale per gli scritti e le sceneggiature di Tommaso Destefanis, di cui, se tutto va bene, dovrebbe uscire a novembre il fantastico "Madadh", oltre che il "Cimitero dei calamari" che ha vinto il Lucca Project Contest lo scorso anno.
Una menzione spetta anche ad Antonio Solinas: come dicevo qualche post più sotto, la sua sceneggiatura di una monotavola (no, "Mono" non c'entra niente) su cui ho lavorato qualche mese fa è una delle cose più carine e divertenti da disegnare che abbia letto.
Tornando un attimo al project contest è curioso notare che gli sceneggiatori vincitori del LPC siano in assoluto fra i miei preferiti.
Non vedo l'ora di conoscere i vincitori della prossima edizione.
"Guardate la televisione?..."
"Certo che la guardo!" penso io intanto che scrivo.
"...Quali sono i vostri programmi preferiti?..."
"Uhmm... vediamo... Naturalmente i cartoni animati e poi..."
"... e perchè vi piacciono?"
"???"
Alzo la mano sventolando la penna: "Scusi, non ho capito la domanda: perché ci piacciono i programmi??"
"Si, devi spiegare il motivo per cui ti piacciono i programmi che guardi alla televisione."
"Ah... va bene..."
Tiro giù la mano e comincio a masticare il tappo della penna Bic.
Panico totale. Penso "Cazzo!" (no, in realtà non lo pensavo. In quarta elementare "cazzo" non lo dicevo e, per quanto mi ricordi neanche lo pensavo). "Accidenti!", penso. "Che #### ne so io del perché mi piacciono?! Voglio dire: so benissimo cosa mi piace ma come diavolo faccio a sapere perché?!" La domanda non aveva alcun senso. Per me quei programmi mi piacevano perché erano belli. Punto.
Dopo i primi 10 minuti di terrore trascorsi a rimuginare sulla cosa fissando il foglio bianco, non venendo a capo della cosa decisi di girare intorno al problema. Ricordo che feci un breve elenco dei programmi che mi piacevano e scrissi qualcosa tipo :"I documentari perchè sono istruttivi, i cartoni perché sono divertenti, e i film d'avventura perché sono avventurosi."
Risultato: 5+.
Da quel giorno è passato un secolo ma ne conservo un ricordo assolutamente chiaro e lucido. Come se tutto questo fosse successo oggi. Il punto è che se questa cosa mi capitasse oggi avrei gli stessi identici problemi di allora. Ancora oggi guardo un film (o leggo un libro, o un fumetto) e, se mi piace, non riesco a capire perché. Se invece il film (o libro, o fumetto) NON mi piace ne conosco perfettamente il motivo. Intendiamoci: in tutti questi anno ho sviluppato una buona attitudine all'analisi delle cose e , se voglio, posso capire e spiegare in modo piuttosto esauriente perché una qualsiasi cosa mi piace ma mi sono accorto che dopo averla analizzata quella cosa non mi piace più. Se la analizzo mi va a puttane il "sense of wonder" che mi aveva tanto colpito. Suppongo che si tratti dello stesso processo per cui non sei più attratto dall'oggetto di cui hai capito il funzionamento dei meccanismi interni oltre la facciata. In altre parole: non puoi vivisezionare un organismo vivente e pretendere che quell'organismo continui a vivere.
Naturalmente tutto questo si riflette, in modo anche pesante, sul mio essere un lettore di fumetti. Non so perché "The high cost of living" -tanto per sparare un titolo a caso- mi sia piaciuto tantissimo e NON lo voglio sapere. Se invece leggo un albo che non mi piace non ho alcun problema, dopo, ad analizzarlo.
Quindi so perfettamente perché non mi piacciono la maggior parte delle produzioni Bonelli o, più in generale, il 90 per cento del materiale a fumetti, italiano e straniero, mainstream o no, su cui riesco a mettere le mani.
Generalizzando al massimo (si, lo so che non sarebbe corretto generalizzare, ma questo è un post in un blog, non un trattato di estetica del fumetto che, date le premesse, non sarei neanche in grado di scrivere) potremmo dire che quello che mi dà più fastidio è il tratto anonimo e l'assoluta banalità di soggetti e sceneggiature. Quasi mai un'idea che si discosti dagli stereotipi del fumetto a da quelli che del fumetto non sono ma da cui il fumetto attinge a piene mani. E praticamente mai un elemento che possa definirsi sorprendente.
Non so di chi è la colpa di tutto questo (ammesso che di colpa si tratti). Non so se è degli editori, degli autori o dei lettori.
So solo che è da molto tempo che non leggo qualcosa di pubblicato che mi sia piaciuto davvero.
Ho però letto parecchie cose NON pubblicate che mi hanno entusiasmato: ho odiato di un odio piacevole e viscerale il protagonista dell'ultimo racconto di Susanna. Lo so, detto da me non fa testo, ma sul serio la ritengo una delle più sorprendenti scrittrici (e sceneggiatrici) in circolazione. Ok, "Inside" non mi ha entusiasmato e non mi entusiasma, ma il resto, tutto il resto della sua produzione è da pelle d'oca. Lo stesso vale per gli scritti e le sceneggiature di Tommaso Destefanis, di cui, se tutto va bene, dovrebbe uscire a novembre il fantastico "Madadh", oltre che il "Cimitero dei calamari" che ha vinto il Lucca Project Contest lo scorso anno.
Una menzione spetta anche ad Antonio Solinas: come dicevo qualche post più sotto, la sua sceneggiatura di una monotavola (no, "Mono" non c'entra niente) su cui ho lavorato qualche mese fa è una delle cose più carine e divertenti da disegnare che abbia letto.
Tornando un attimo al project contest è curioso notare che gli sceneggiatori vincitori del LPC siano in assoluto fra i miei preferiti.
Non vedo l'ora di conoscere i vincitori della prossima edizione.